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martedì 22 giugno 2010

E che dire Bondi? Mah!




Riportiamo per intero l'articolo del musicologo Carlo Vitali in merito alla grave situazione della cultura musicale in Italia, così come è stato pubblicato sul numero di giugno della rivista «MUSICA»



La polemica di giugno 2010


Il decreto Bondi? Da rottamare



Si può citare l’art. 9 della Costituzione, parlare di valori culturali indisponibili, di patrimonio in pericolo. Cose sacrosante, ma nel clima di psicosi sui costi e i deficit della lirica, creato ad arte da una comunicazione asservita, crediamo occorra rovesciare il tavolo per sventare una manovra che anzitutto è politica, meglio: di regime. Se accountability dev’essere, si consideri il caso delle società di calcio professionistiche (si badi bene: quotate in Borsa). Stime pubblicate alla chiusura del campionato 2009 denunciavano per i club di serie A una perdita aggregata di almeno 300 milioni di euro. Senza contare i costi pesantissimi per l’ordine pubblico, rimasti a carico dello Stato. La Consob ha nulla da dichiarare? Il ministro delle Finanze proporrà rivalse, commissariamenti di squadre, decreti-legge per un riordino del settore? Oppure l’influenza A, rivelatasi fra le più blande degli ultimi decenni: 400 milioni pagati all’azienda farmaceutica Novartis per un vaccino inutile che sta scadendo nei magazzini.
Di contro: il Fondo unico per lo spettacolo dal vivo ammonterà nel 2010 a circa 415 milioni, di cui alle Fondazioni lirico-sinfoniche toccherà il 47,5% del totale: un po’ meno di 200 milioni. Di circa 200 milioni è anche lo stock di debito accumulato in dodici anni da tutte le suddette Fondazioni. Con questi ordini di grandezza, c’era proprio bisogno di una decretazione d’urgenza che viola i principi della legislazione vigente (l’ormai decotta legge Veltroni), l’autonomia negoziale delle parti sociali, le competenze del Parlamento?
Sì, perché la chiave di tutta la manovra – che al momento in cui scriviamo è ancora in alto mare – sta nel sottovalutato art. 4 del decreto Bondi, là dove esso recita: « Il Ministro per i beni e le attività culturali ridetermina [...] i criteri per l’erogazione dei contributi dello spettacolo dal vivo, nonché le modalità per la loro liquidazione e anticipazione ». Si vuole federalizzare lo Stato, si è già regionalizzata (malamente) la sanità, ma teatro, cinema, lirica, musica, circo e quant’altro dovranno dipendere da un uomo solo al comando: lo statista-poeta di Fivizzano, con una somma di poteri paragonabile solo a quella del compagno Zdanov. Al servizio e nell’interesse di chi, non è difficile capire. Non esiste alternativa praticabile alla rottamazione di questo decreto; dopodiché si dovrà varare in tempi brevi una legge organica di riforma, più che mai necessaria.


Carlo Vitali

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