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sabato 17 aprile 2010

«Visione per Grand'Organo», un inedito di Ulisse Matthey pubblicato da Carrara di Bergamo

E' CON IMMENSO PIACERE CHE

ANNUNCIO LA PUBBLICAZIONE DI

Ulisse Matthey (Torino, 1876 - Loreto, 1947)

Visione per Grand'Organo

[prima edizione a stampa

a cura di Michele Bosio]

Num. 5175 delle Edizioni Carrara.

L'organo Tamburini del Conservatorio di Torino

Ulisse Matthey negli anni della maturità

FONTE

Ms. cart., sec. XX, cm 34x25, cc. 4; senza numerazione. Autografo con dedica «Al distint. mo Maestro V.zo Germani/in segno di stima ed amicizia/Ulisse Matthey»; attualmente custodito a Casalmaggiore (Cr), presso l'archivio privato di Vincenzo Germani (1).

ANNOTAZIONI

Oltre alla sopraccitata versione autografa del Matthey, esiste anche una copia redatta da Vincenzo Germani per esigenze di studio ed esecuzione: Ms. cart., 1943, cm 35x25, cc. 4; senza numerazione. Dopo il titolo viene specificato «copia dall'originale/ 10 - aprile 943».

Per la presente edizione si è scelto di operare una collazione tra i due esemplari, poiché la versione di Germani, pur essendo identica a quella di Matthey, aggiunge ad essa la pedaleggiatura, riportata per intero anche nella presente edizione.

ULISSE MATTHEY (Torino, 1876 - Loreto, 1947) (2)

Virtuoso d'organo, pianista, compositore ed erudito riformatore, Ulisse Matthey nacque a Torino il 17 aprile del 1876. Fanciullo prodigio, intraprese gli studi presso il Liceo Musicale della sua città. Studiò organo con Roberto Remondi (1850-1928) e si diplomò a Parma nella classe di Arnaldo Galliera (1871-1934). Perfezionò in seguito le discipline del contrappunto, della fuga e della composizione a Milano con Vincenzo Ferroni (1858-1934). Inoltre si recò a Parigi per studiare organo con il grande Alexandre Guilmant (lo stesso Guilmant ebbe a dichiarare tali lezioni: «scambio di consigli»).

Nel 1902 venne nominato organista titolare della Santa Casa di Loreto, posto che occupò sino al 1923, anno in cui egli venne chiamato ad insegnare organo al Liceo Musicale «Giuseppe Verdi» di Torino, incarico che ricoprì dal 1923 al 1943.

Concertista dalle doti musicali eccezionali, il Matthey tenne in giro per il mondo un impressionante numero di concerti e di collaudi (526 concerti tra il 1898 ed il 1946) mantenendo sempre un livello esecutivo ineccepibile sotto tutti i punti di vista. Egli fu anche progettista di importanti strumenti, tra i quali spicca il quintuplice organo della Cattedrale di Bologna (tre tastiere, 60 registri, 3500 canne) costruito nel 1929 da Giuseppe Rotelli. Fu un compositore tutto sommato prolifico, ma non dotato di vena melodica e facilità di scrittura. Il brano più rappresentativo del suo virtuosismo trascendentale rimane sicuramente lo Studio di Concerto per il pedale, probabilmente composto per l'inaugurazione del grande organo Tamburini del Conservatorio di Torino, progettato dal Matthey e inaugurato il 10 maggio 1933. Diverse composizioni del Maestro - manoscritte e a stampa - si trovano custodite presso la Biblioteca del Conservatorio di Torino e l'Archivio Storico della Santa Casa di Loreto, nonché in collezioni private di ex-allievi. Matthey fu anche autore di varie trascrizioni, sia organistiche che pianistiche.

Sapendo di essere malato e di dover morire, chiese che fossero distrutte le proprie composizioni e che i suoi più fidati allievi, Pietro Ferrari e padre Bernardo da Offida, scegliessero le opere da salvare. Naturalmente nulla venne distrutto, ma negli ultimi mesi di vita egli aveva bruciato molta propria musica. Si spense a Loreto, dopo una lunga malattia, il 6 luglio del 1947.

PRESENTAZIONE

La Visione per Grand'Organo, che il Maestro donò al suo allievo cremonese Vincenzo Germani (probabilmente in occasione del suo 500° concerto d'organo tenuto il 18 gennaio del 1942 presso l'organo Tamburini della chiesa di Sesto Cremonese) si presenta come un Adagio in si [maggiore] che vive dei colori eterei e violeggianti dell'organo ceciliano, legato, denso di estenuante cromatismo, basato su una figura ritmica ostinata che per tre volte cede il passo alla melodia-corale - ma non completamente - poiché frammenti della cellula ritmica ritornato come accompagnamento al canto.

Si potrebbe definire un modo di comporre “cerebrale”, poco orecchiabile, quello del Matthey - come del resto quasi tutte le sue composizioni dimostrano - sempre e comunque particolarmente impegnative per l'esecutore, uscite dalla penna penna di un autentico virtuoso, per il quale nulla risulta impossibile. Brani altalenanti tra una scrittura di stampo improvvisativo e vicina alla tradizione tedesca di un Max Reger (Tempo di Sonata in re minore), a volte suggestionata da fuggevoli “tocchi impressionisti” (Visione) e stilemi armonici del tardoromanticismo francese (Armonie Lauretane), ma sempre di solida struttura, saldamente ancorata alla forma.

Michele Bosio

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1) Un sentito ringraziamento alla dottoressa Chiara Mina, nipote del maestro Germani, per avere permesso la pubblicazione della Visione per Grand'Organo di Ulisse Matthey.

2) Il contributo più corposo sulla figura di Ulisse Matthey rimane ancora oggi il volume di padre Bernardo da Offida, Ulisse Matthey, Loreto, 1951, Libreria Editrice San Francesco d'Assisi. Ristampato nel 1987 a cura di padre Giuliano Viabile con l'aggiunta, tra l'altro, dei diversi brani proposti nei suoi 526 concerti ufficiali.

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