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lunedì 26 maggio 2008

Amati, Lingiardi e Inzoli



Gli Amati e i Lingiardi [Pavia]

I fratelli Amati, Alessio (1738-1815) e Luigi (1754-1816), fondarono a Pavia nella seconda metà del Settecento una fabbrica costruttrice d'organi a canne. Più precisamente, Alessio iniziò la propria attività di organaro a Monza nel 1762 circa, mentre Luigi stipulò nel 1779 un contratto per la costruzione del nuovo organo per la chiesa di San Francesco in Pavia. I figli di Alessio, Giuseppe (?-prima del 1829) e Antonio (?-1834) ereditarono la fiorente e redditizia attività del padre. Essi lavorarono a Monza con il padre sino al 1808 circa, anno in cui si trasferirono a Pavia. Angelo (1802-1878), figlio di Antonio, perpetuò il buon nome della ditta di famiglia sino alla sua morte. Mentre, i frutti della storica tradizione artigiana pavese non furono raccolti dal figlio di Angelo, il quale preferì impiegarsi nelle ferrovie dello Stato. Fu, invece, il cremasco Pacifico Inzoli (1843-1910), allievo di Angelo, a terminare i lavori in corso della ditta Amati, oltre che a prelevarne l'officina ed il materiale in deposito. 


Per quanto riguarda le notizie biografiche della famiglia Amati sappiamo molto poco, ma presto tale lacuna sarà colmata da una dettagliata ricerca di Maurizio Ricci. Giuseppe Tamburelli e Maurizio Ricci sono gli studiosi che più degli altri si sono adoperati per la causa degli Amati e dei Lingiardi di Pavia.


Dalla corrispondenza tra gli Amati (in particolare Luigi e Angelo) ed i Serassi di Bergamo (documentata lungo l'arco di 39 anni, dal 1799 al 1838), ed anche dalle Lettere Sugli organi (1816) di Giuseppe [II] Serassi, siamo informati sia circa la buona considerazione che la grande famiglia di organari bergamaschi godeva nei confronti dei pavesi, ma soprattutto dell'incondizionata ammirazione che gli Amati avevano nei confronti dei Serassi. 

Il nome degli Amati è da annoverare tra quelli più rappresentativi della migliore tradizione organaria italiana, rappresentata dagli Antegnati, dai Bossi, dai Serassi - solo per citarne alcuni -   ma anche tra gli innovatori. A loro infatti va riconosciuta l'applicazione della pedaleva (consistente in una serie di pedaletti in metallo posti sopra la pedaliera per l'inserimento di singoli registri di concerto, del Ripieno, della Terzamano e di combinazioni). Questa invenzione venne ripresa e sviluppata in seguito dai Lingiardi di Pavia (loro allievi) che aumentarono il numero dei pedaletti e li collocarono sporgenti sotto la parte anteriore della pedaliera (la prima applicazione di tale dispositivo è attesta nell'organo della Basilica di Sant'Antonino a Piacenza, 1839, opus 48).

Giambattista Lingiardi (1756-1850), cresciuto e formatosi presso la scuola degli Amati, si mise in proprio nel 1807 dando vita a Pavia ad una solida tradizione organaria che si estinse solamente nel 1920. Luigi Lingiardi (1814-1882), figlio di Giambattista e fratello di Giacomo (1811-1871), fu una delle figure più interessanti della storia dell'organaria italiana. Non solo ereditò dal padre, e tramandò ai propri figli, la preziosa e difficile arte del fabbricare organi, ma fu egli stesso l'inventore di molti ritrovati (come il terzo tiratutti, la cassa armonica, l'organo-orchestra e molti altri ancora), oltre che un genuino musicista ed un arguto narratore. Il suo nome passò alla storia poiché fu il primo organaro italiano ad infrangere il limite della pressione unica. Egli costruì un somiere con due segrete, alimentate da aria indipendente e collegate rispettivamente a due tastiere, di cui una era per il Ripieno, strumenti ad anima, e cassa armonica (pressione più bassa), l'altra per i registri ad ancia (pressione più alta). Il geniale organaro pavese riuscì a raggruppare su di un solo somiere l'effetto di quattro organi distinti (ed è egli stesso a ricordarlo nelle sue Memorie: «Io ho saputo compendiare in un solo organo e sopra un unico somiere l'effetto di quattro!»), nacque così l'organo-orchestra.

Il gusto sinfonico-operistico imperante in Italia nell'Ottocento aveva monopolizzato tutti i generi musicali, di conseguenza anche la musica da chiesa e l'arte organaria. Ma, agli albori del Novecento si fece pressante il bisogno di una musica liturgica, non più di stampo romantico-melodrammatico, bensì d'autentica ispirazione sacra (canto gregoriano, polifonia classica). Incominciò  ad  attecchire  in Italia la riforma ceciliana, che  riformando  la  musica sacra riformò  anche l'organo. Poco alla volta gli strumenti a tastiera unica con registri spezzati, pedaliera corta, trasmissione meccanica ed effetti bandistici (come quelli realizzati dagli Amati e dai Lingiardi) vennero sostituiti dagli organi a trasmissione pneumatica e poi elettrica, dotati di almeno due tastiere, di pedaliera completa e di registri interi (cioè, da strumenti vicini ai modelli dell'organaria transalpina, e, in larga parte, non più capaci di “parlare” l'idioma nazionale). Ernesto Lingiardi (1860-1920), figlio di Luigi, fu l'ultimo insigne rappresentate di quella genia di organari pavesi che portò ai massimi livelli artistici l'organaria classica italiana. Adeguandosi in parte ai dettami della riforma ceciliana, egli produsse degli splendidi organi, sicuramente vicini ai modelli d'oltralpe, ma fedelmente ancorati alla miglior tradizione italiana (costituiscono un mirabile esempio di ciò gli strumenti realizzati da Ernesto, nel 1910 e 1913, per le basiliche pavesi del Santissimo Salvatore e di San Pietro in Ciel d'Oro).


L'Inzoli [Crema]


Tra i discepoli di Luigi Lingiardi non ci furono solamente i propri figli (Ernesto, Cesare e Giambattista), ma anche l'organaro cremasco Pacifico Inzoli. L'Inzoli fu apprendista nelle botteghe dei Franceschini di Crema e dei Cavalli di Lodi (come s'è detto prima, fu allievo degli Amati) e successivamente divenne operaio specializzato presso la fabbrica dei Lingiardi di Pavia. Egli stesso nell'Autobiografia scrisse «Dopo circa quattro anni in detta Fabbrica [la fabbrica di Luigi Lingiardi di Pavia] in qualità di lavorante in meccanica ed acustica abbandonai questa lodevolissima ditta non senza dispiacere del suddetto Sig. Lingiardi per far da solo, chiamandomi per gratitudine verso lo stesso, con l'epiteto di unico ed effettivo allievo suo in tutte le materie di Fabbrica d'organi.». Infatti, nel 1867 fondò a Crema la ditta «Inzoli Cav. Pacifico». 

Inzoli costruì numerosi strumenti nel pieno rispetto della tradizione organaria di scuola lombarda, tra questi spicca il monumentale organo per la Cattedrale di Cremona (1879), divenuto famoso in tutt'Europa per la canna maggiore di facciata (Fa1 di 24 piedi, dell'altezza di 8,40 m, del diametro di 41 cm e del peso di 202 kg), la cui lastra fu realizzata eccezionalmente in un'unica fusione (la qual cosa lasciò esterrefatto anche il grande organaro francese Aristidé Cavaillè-Coll in quale esclamò discorrendo con l'Inzoli: «E' impossibile fondere d'un pezzo le canne di 24 piedi: è impossibile!»). Egli poi si adattò ai tempi costruendo nuovi organi secondo i principi propugnati dalla riforma. Lo strumento a tre tastiere, pedaliera di trenta note e trentotto registri interi, destinato alla Chiesa di Sant'Ignazio a Roma (1888), segna la svolta di Inzoli in favore degli organi cosiddetti “liturgici”. A questo strumento seguirono quelli per il Santuario di Valle Pompei (1890), per la Chiesa parrocchiale di Adro (BS, 1891), per l'Esposizione Nazionale di Palermo (1891), per la Chiesa di San Domenico a Palermo (1898) e molti altri ancora. 

Non solo l'Inzoli ereditò dal Lingiardi i precetti dell'arte organaria classica, ma anche il dono della sperimentazione (basti citare il fortunato brevetto del somiere a doppio scompartimento).  Egli fu anche il  primo  organaro  italiano a  sentire l'esigenza di diffondere la propria immagine  con  il  mezzo  della  stampa e della  fotografia, produsse  numerosi opuscoli per celebrare le sue invenzioni. Costituiscono un valido esempio di ciò le spiegazioni illustrate del somiere a doppio scompartimento, del Microllorgano e del Panfonium

Ricordiamo, inoltre, che nella fabbrica d'Inzoli ebbero modo di formarsi alcuni organari divenuti celebri in tutt'Italia. È il caso di citare il cremasco Giovanni Tamburini (1857-1942) ed il cremonese Giuseppe Rotelli (1862-1942), i quali furono tra i protagonisti della cosiddetta organaria ceciliana e riformarono alcuni degli strumenti edificati sia dagli Amati che dai Lingiardi, nonché dell'Inzoli.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI


Nino Antonaccio-Stefano Spinelli, Inzoli cav. Pacifico Premiato Stabilimento d'Organi, Lettere e Progetti, Crema, Arti Grafiche Cremasche, 2002.


Giosuè Berbenni, La corrispondenza tra gli organari Amati di Pavia e Serassi di Bergamo (1799-1835) in «Bollettino della Società Pavese di Storia  Patria», CVI (2006), pp. 281-295. 


Giambattista Castelli, Catalogo degli organi da chiesa costruiti a tutto l'anno 1858 dall'I. R. Fabbrica Nazionale Privilegiata dei Fratelli Serassi in Bergamo, Bergamo, Tipografia Natali, 1858, riedito in I Cataloghi originali degli organi Serassi, Ristampa anastatica con appendici, postilla e indici a cura di Oscar Mischiati, Bologna, Pàtron, 1975.


Catalogo Degli Organi costruiti dalla Pontificia Fabbrica d'Organi Comm. Giovanni Tamburini dal 1893 al 1973, Crema, 1977. 


Compendio cronologico dei collaudi e scritti vari editi ed inediti risguardanti le opere del fabbricante d'organi Pacifico Inzoli di Crema, Crema 1877, Parte I (ristampa anastatica con una premessa di Oscar Mischiati, Cremona, Turris, 1992).  


Compendio cronologico dei collaudi e scritti vari editi ed inediti risguardanti le opere del fabbricante d'organi Pacifico Inzoli di Crema, Crema 1880, Parte II. 


Luigi Lingiardi, Memorie di un organaro pavese, a cura di Maurizio Ricci, Pavia, Torchio de'Ricci, 1983.


Oscar Mischiati, L'organo della Cattedrale di Cremona. Vicende storiche e documenti dal XV al XX secolo, redazione a cura di Marco Ruggeri, Bologna, Pàtron, 2007.


Giuseppe Serassi, Sugli  organi lettere, Bergamo, Natali, 1816 (ristampa anastatica con una postilla e indici a cura di Oscar Mischiati, Bologna, Pàtron, 1973).


Stefano Spinelli

Pacifico Inzoli e le origini dell'arte organaria a Crema, Crema, Arti Grafiche Cremasche, 1995.

Ars dedicandi, Crema, Tipolito Uggè, 1997


Giuseppe Tamburelli, I Lingiardi e la tradizione organaria pavese, in Un secolo di vita del Civico Istituto Musicale «Franco Vittadini» di Pavia (1867-1967), Pavia, Comune di Pavia, 1967, pp. 158-190 (ristampato, conservando la numerazione originale delle pagine, in Itinerario organistico nelle chiese di Pavia, Pavia, Guardamagna Editori, 1995).


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